Ho ricevuto da una cara amica brasiliana, che vive in
Messico, un video con un dialogo informale di un allievo di medicina col suo
professore, Dott. Michael Ellis DeBakey - uno
dei più importanti chirurghi cardiovascolare del mondo, pioniere nelle
chirurgie di ponti coronarie. Ha ricevuto diversi premi internazionali. Nacque
in Lake Chrles (Stati Uniti), nel 1908. Figlio di immigranti libanesi, il suo
nome di origine era Michel Dabaghi. È morto nel 2008, poco prima di compiere
100 anni.
Fino alla fine della vita DeBakei si è dedicato
alla educazione scientifica e umana dei suoi allievi. Ancora studente di
medicina, nel 1932, ha inventato una bomboletta che si tornò un componente
fondamentale dei respiratori artificiali. Così ha iniziato l’era delle
chirurgie a cuore aperto.
Le sue parole, dette in forma colloquiale, esprimono
perle di sapienza di certo imparate nella sua vita longeva. E potranno
illuminare quelli che desiderano imparare altre forme di vivere e di relazionarsi.
Come la prossimità del Natale e dell’Anno Nuovo
significa, per alcuni, una festa di apertura alla riflessione – e il desiderio
di cambiare per meglio – io semplicemente riproduco le sue parole. Chissà
possono essere utili ai ai giovani, mediani e vecchi, e anche a quanti, come me, che hanno
superato la casa degli ottant’anni.
Questo testo è stato pubblicato anche in portoghese e
spagnolo.
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BISOGNA MORIRE VIVENDO NO
VIVERE MORENDO
“Ho sempre detto che l’essere umano
deve lavorare fino alla morte. E questo è molto importante. Quale sarebbe la
differenza? È necessario lavorare l’intensità. E, piano piano, vai diminuendo
l’intensità. Devi ridurre l’intensità.”
Quando aveva 98 anni DeBaker andava tutti i giorni all’ospedale, per
osservare i suoi allievi nelle chirurgie con il cuore aperto. Però quello che
più gli piaceva era andar il giorno dopo all’unità intensiva, per visitare
quelli che stavano nel postoperatorio.
Lui diceva:
–
Sai, io
sono stato nella tua chirurgia – questo era importante per loro.
–
Oggi
sono molto contento, vedo che stai bene!
I malati commentavano:
–
Vedi,
il dottore Michael De BeKey… Come fa, alla sua età, per continuare venendo
all’ospedale?
Uno di loro ha risposto: – È che lui non potrà morire, le persone hanno
bisogno di lui.
–
Vedete, – diceva lui – "Nella vita è importante sapere questo: abbiamo bisogno di percepire che siamo utili agli altri”.
E ci spiegava:
– "Vedo
che le persone prendono la depressione, oppure accelerano la morte sempre che si
sentono esclusi, forse per l’età. Ma siamo noi stessi che ci autoescludiamo.
Però si dovrebbe sempre cercare di continuare a fare ciò che ci innamora.
Ripeto: cercando di appoggiare la società civile, di aiutare a svolgere meglio
il tuo mestiere, e di contribuire per sviluppare quello che ti dà più piacere. Forse
non si riesce più dare consulenza a sete imprese, allora si fa due... E si
segue così. Oppure si fa come faccio io – a 98 anni sono consulente di una sola
impresa. Bisogna bassare l’intensità, però facendo ciò che ci dà piacere”.
“Credo che ci sono
seri umani che muoiono a 60 anni e li seppelliamo a 80. Perché loro si
escludono da sé stessi. Ma non bisogna entrare in queste statistiche.
Bisogna
morire vivendo. No vivere morendo.
Perché ci sono quelli che vivono morendo.
Dio ci dà a tutti le possibilità
di cercare coraggio. Così, cercano di fare quello che gli piace e seguono
avanti. E seguono donando valore a quello che amano e continuano così, fino
alla morte. Niente più…
Ripeto ancora: quando non è più
possibile fare come prima, diminuite l’intensità, e sarete felici. Chi ha paura
della morte è l’egoista. Quell’uomo oppure quella donna che non ha mais pensato
negli altri. Non vogliono morire… perché tutto si muove intorno a loro. Per
questi tutto finisce con la morte. Non saranno come quelli che hanno lasciato
un rastro al servizio degli altri.
Per questi, tutto finisce con la morte. Non saranno come
quelli che hanno lasciato le loro tracce al servizio degli altri.”
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Fonte del texto: Libera versione dal registro in spagnolo.
Chiedo scusa degli sbagli di linguistica in questa versione italiana. Sento di aver perso molto del poco che sapevo di questo idioma che amo tanto! Ormai, ho già superato gli ottanta anni. Ma l’amore è lo stesso per questo idioma e per l'Italia,dove ho fatto la mia formazione in giornalismo.
Credito d’imagine:
2. Lia da Itamaracá e Elza Soares - La "ciranda" nel carnevale, a Recife - Brasile
Nota: Le immagini che riproduciamo appartengono ai suoi rispettivi autori. Se qualcuno di loro no satano d'accordo con la sua riproduzione in questo spazio, lo preghiamo di comunicarci facendo un commento in questo sito.
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